Per il Papa viaggio in Calabria nella tana della ‘ndrangheta
di Franca Giansoldati
LAMEZIA TERME – Un viaggio breve, quasi un blitz nel profondo Sud, a Lamezia Terme, dove ‘ndrangheta e disoccupazione tolgono il fiato, dove un giovane su due non ha occupazione, tanto da far dire al vescovo locale, monsignor Antonio Cantafora che «bisogna superare la mafiosità e la mafia» per uscire da un mortale circolo vizioso, e al sindaco, Gianni Speranza che «Lamezia rappresenta il Sud che non si rassegna». Sono in molti quelli che in Calabria aspettano di ascoltare domani mattina da Papa Ratzinger parole coraggiose e profetiche, come quelle pronunciate da Giovanni Paolo II nella Valle dei Templi ad Agrigento («mafiosi, verrà il giudizio di Dio»).
Solo negli ultimi mesi a Lamezia ci sono stati 4 omicidi per mafia, è stato bruciato a don Pino De Masi l’oliveto confiscato alle cosche e dato pure fuoco alla macchina di don Tonino Vattiata, un prete che non ha paura a parlare liberamente, a strappare i ragazzi dalla strada, a ripetere che la ‘ndrangheta è come un cancro. «Siamo felici di questa attenzione, ma chissà cosa, invece, il Papa si aspetta da noi amministratori» sorride il sindaco, al suo secondo mandato, più volte minacciato di morte per avere messo sotto scacco la rete criminale. Gianni Speranza va avanti e non se ne cura. Lotta all’abusivismo e al racket, alla strafottenza delle cosche dominanti nell’area, i Giampà, i Jannazzo, i Torcasio specializzati in estorsione, droga, riciclaggio. «Ho rinunciato alla scorta perché un sindaco non può isolarsi troppo». La cittadina calabra a 26 anni dal passaggio di Giovanni Paolo II si appresta a dare il benvenuto al suo successore, Benedetto XVI. Pur non essendo mai stato in Calabria, Joseph Ratzinger ha un legame ideale con questa terra per via di un monaco tedesco, nato a Colonia e vissuto tra la Francia e l’Italia nel XI secolo: San Bruno. Egli fondò sulle Serre Calabre, tra castagneti ancora incontaminati, una certosa che oggi ospita 14 monaci. La loro clausura è rigidissima e la loro vita è spartana. «I monaci vivono nel silenzio, tra loro non parlano, non mangiano carne, stanno a piedi scalzi anche d’inverno, si alzano a mezzanotte per pregare, mangiano ciò che coltivano, vivono in cellette piccolissime e vengono sepolti nella nuda terra» ha raccontato lo scrittore Luigi Accattoli nel libro appena pubblicato per i tipi di Rubettino, “Solo dinnanzi all’Unico”. Per certi versi sono dei veri rivoluzionari che ispirandosi al Vangelo capovolgono i valori che il mondo ritiene fondamentali. Nel silenzio (inteso non come assenza di parole ma come apertura all’accoglienza di Cristo) meditano sulla grandezza di Dio, staccandosi dalle cose terrene, attraverso un percorso che chiamano la traversata nel deserto.
Papa Ratzinger dopo la messa del mattino che celebrerà in un’area appositamente attrezzata vicino all’aeroporto e capace di ospitare almeno 100 mila persone, volerà in elicottero a Serra San Bruno dove sarà accolto dal priore Jacques Dupont. L’aspetto spirituale sarà al centro di questo momento. Coi monaci celebrerà i vespri e poi riprenderà la strada per Roma.